Nell’era della fioritura interiore a suon di click, di mantra che sbloccano intasamenti energetici, di risvegli spirituali decisi da percorsi scaricabili, di frittate linguistiche in cui finiscono molto mal miscelate parole di cui non si conosce il sapore – perchè mai si è fatta veramente esperienza – è sempre più importante ri-cordare che “rinascere“, “risvegliarsi” , figuriamoci poi “ri-cordarsi di sè” non sono conquiste piscologiche su cui è possibile esercitare una qualche forma di controllo e gestione alla stregua dei fogli excel che sparsi sulla scrivania vi ricordano l’ osservanza della performance e delle irrinunciabili to do list di cui avete ingolfato ogni agenda.
 
So che queste parole faranno male a molti, soprattutto a chi vive ossessionato dai numeri, dal confronto, dal “ritorno di qualcosa” con cui si è imparato a identificare la misura del proprio valore.
Fa venire i brividi che venga proprio da chi si propone come mediatore del cambiamento, trasformazione et similia. Ma fa parte del gioco o come piace dire a me, del “sogno”.
 
E allora tu non ti distrarre.
Non ti sentire in colpa se stai vivendo un girone infernale da cui non riesci a uscire.
Non sentirti fuori di testa o sbagliato mentre leggi “di chi ce la fa” e ti sembra essere sempre assolato da un nuovo raggio di sole.
Non credere a quello che vedi ma soprattutto togli potere, immediatamente all’esterno. Il punto non è mai cosa vedi ma lo sguardo che stai orientando dando per scontato di poter vedere davvero la “verità”.
Capovolgi il proiettore su di te.
Fa’ che l’attenzione con cui osserverai ogni tuo moto interiore diventi il Laser con cui irradierai ogni momento di sonno e ipnosi.
 
Ti avverto Fratello ce ne saranno tantissimi e cadrai in frustrazione ma tu prendi fiato, concediti riposo e poi solo quando di sarai rialzato prepara la resa.
Non sto dicendo che dovrai rassegnarti quanto piuttosto di provare a chiederti se ce la fai a rinunciare all’idea che il tuo io sia così importante nel “riparare” tutti i pezzi in cui credi di esserti “rotto”.
Non conosciamo mai la nostra altezza
Finché non siamo chiamati ad alzarci.
E se siamo fedeli al nostro compito
Arriva al cielo la nostra statura.
L’eroismo che allora recitiamo
Sarebbe quotidiano, se noi stessi
Non c’incurvassimo di cubiti
Per la paura di essere dei re.
-Emily Dickinson
 
Per quanto ti possa amareggiare tu non sei affatto necessario alla tua fioritura.
Lo so, non è facile rinunciare a questa idea, soprattutto se sei immerso nei millemila corsi che hai frequentato regalandoti l’illusione di esserti “trasformato” ed è grande l’emozione che provi quando ripensi “al tuo caro maestro”, alla dottrina tal dei tali che t’ha cambiato la vita, al percorso che t’ha donato l’illusione di essere abbracciato come tuo padre non ha saputo fare.
Ma prima ti cavi fuori da questo sonno e prima realizzerai quanta distanza, senza rendertene conto, hai tracciato da te stesso.
Ti toccherà però sperimentare che anche se ti piace crederlo, anche se hai iniziato a parlarne o a leggerlo , il risveglio è qualcosa che mai potrai capire con la stessa mente con cui ti sei addormentato.
É un sentire inequivocabile e realizzabile solo quando avrai toccato con mano il tuo addormentamento sperimentando talvolta una delusione cocente:
la frustrazione di aver creduto di capire e di esserti illuso di poter persino “passare agli altri” qualcosa che tu, non sei.
Per la stessa ragione, vacci cauto quando parli di rinascita“,trasformazione e fioritura perchè senza rendertene conto ti starai ponendo nei confronti della vita con quell’atteggiamento di pretesa e richiesta spesso molto ben camuffato dal neofita ricercatore e su cui tanta parte di falsi profeti e consulenti olistici ci marciano non poco con un marketing dai contorni inquietanti.
Rinascere non è qualcosa di cui possa occuparsi il tuo mentale che è quello che persegue il miglioramento, che ti dice che devi sempre e comunque fare qualcosa arrampicandoti su quel dirupo per arrivare in quel posto dove lei, sempre lei, la tua mente, ha immaginato e scritto, con la migliore regia alla presenza della più illustre orchestra sinfonica, il “ritiro del premio”, l’acquisizione della ricompensa, l’esibizione del trofeo.
Come se – esserci – potesse essere il traguardo scoccato dalla freccia di un “io” che crede di essere ciò che si è infilato sulla pelle, che ha ingurgitato sui libri con il riconoscimento dell’ennesimo insegnante e raccontato al proprio io narrante prima di proiettarne l’ immagine nel prossimo spettacolo per il quale ha previsto già la sua platea.
Parole come queste possono suonare durissime per chi la propria autostima l’ha costruita e cementificata sul terreno dell’intelletto, per carità prezioso ma mai  passepartout per la vera saggezza e consapevolezza che appartengono invece al Regno in cui si mette di idolatrare il fare e si ri-conosce il potere che abita il vuoto, campo sempre fiorito della nostra più profonda  Essenza.

Magari di tuta probabilità proprio tu che mi stai leggendo hai già maturato letture, percorsi o anni di immersione nella crescita personale eppure, qualcosa, lì sulla bocca dello stomaco s’annida e ti ricorda ” che non è tutto qui” – “che forse ancora non ti ami abbastanza”  ” che in barba a ciò che ti racconti e mostri di te, quel senso di vuoto non è mai andato via”….o magari sei completamente “vergine” rispetto a questo mondo ma ti piacerebbe approcciare  il lavoro interiore. (molto meglio)

Prova ad iniziare da questa domanda:

  • qualsivoglia idea sento di aver fabbricato su di me, sulla mia personale, sul mio valore, posso accettare di metterla totalmente in discussione? 

E allo stesso modo, cosa succede dentro di me se provo a dirmi che sì, nonostante tutti i miei sforzi di migliorare , di aumentare la mia autostima, di veder emergere i miei talenti, di conoscere finalmente la mia missionenon mi sento affatto sereno, in equilibrio, appagato?

  • In una sola espressione, cosa accade se ammetto che no, non mi sento per niente a mio agio con me stesso proprio quando ho creduto di aver raggiunto chissà quale “traguardo di crescita?”

ATTENTO : già ti immagino risponderti con la mente. Ed anche qui:

  • cosa succede se rinuncio a rincorrere la soluzione e dunque a cercar risposta con la mia mente? Cosa accade se provo a restare, semplicemente, senza sforzo, con l’emozione che in quel momento nasce nel mentre mi pongo la domanda?

Non sta a te superare quelli che percepisci come disagi.

A te sta aprire il varco affinchè la consapevolezza possa entrare. Sembra banale ma credimi, non lo è affatto. Facciamo così, provaci e mi racconterai tu stesso le sensazioni che verranno a farti visita. Ti va?

Se ti è piaciuto questo articolo condividilo sui social o invialo a chi credi possa beneficiarne.
Non c’è altro modo di crescere che farlo insieme!