Tutti noi viviamo situazioni estremamente sfidanti che ci spremono fino al midollo, ci arrovellano nei soliti ragionamenti spingendoci al limite della sopportazione.
La sensazione è quella di riascoltare sempre lo stesso disco che rimanda sempre la stessa melodia/litania . Per quanto stufi di ascoltarla, la verità è che la stessa ci è così famigliare che sembra impossibile rinunciarvi.
E’ questa la ragione per la quale se da una parte ci raccontiamo di voler lavorare su di noi, all’atto pratico invece manchiamo puntualmente di farlo ricascando nello stesso schema che ci porta a sentenziare.
Ecco, nonostante tutto il lavoro fatto su di me, sono sempre punto e capo.
Pur non rendendocene conto è esattamente questo il preludio alla condanna che ci auto-infliggiamo: dilatare a dismisura l’agonia nella misura in cui tutto faccio meno che esserci – per davvero – nella sensazione che ci porta disagio, fastidio, ansietà, angoscia, dolore.
Ci avvinghiamo come cozze allo scoglio alla nostra storia personale, quella per cui nessuno ci può capire, perchè come abbiamo/stiamo soffrendo noi, nessuno al mondo – o perchè quello che è capitato a noi è una sciagura da cui gli altri, immancabilmente più fortunati di noi, sono stati risparmiati dal fato.
Recitiamo, puntualmente il ruolo delle vittime solitarie, sfigate, imbruttite da una vita che crediamo profondamente di subire come fosse la maledizione che ci ha presi di mira.
Non riusciamo proprio a trovare un senso a tutto questo e allora ci affanniamo nel cercarlo: ci rifugiamo nella spiritualità, ci ammazziamo di pratiche meditative e sciamaniche come fossero la panacea di tutti i nostri guai, divoriamo libri “sul senso della vita” o ne facciamo incetta salvo poi abbandonarli sullo scaffale.
In sintesi: ricerchiamo come disperati l’ennesimo anestetico al nostro dolore esistenziale.
Come ogni sorta di dipendenza conscia o meno la funzione di questi passaggi è una e una sola:
SCAPPARE A GAMBE LEVATE DA UNA REALTÀ che no, non ci piace per niente.
Al seme della nostra Anima che no – non si è ancora strutturata ( ma spesso la diamo per scontata) non interessa minimante quanto e se le situazioni che viviamo ci piacciano o meno.
La vita se ne frega – fortunatamente del nostro parere peraltro non richiesto rispetto agli accadimenti o alle sfide che siamo chiamati a vivere ed affrontare.
A volte desideriamo che il il dolore svanisca ma non di rado ci abituiamo ad esso come fosse difficile immaginare di vivere senza.
Per esempio desideriamo che il partner ci riprenda con sé, alziamo la voce con gli amici là fuori ma soprattutto sui social perchè tutti sappiano quanto “ce ne intendiamo” argomentando tutte le teorie che sostengano il perchè il mondo va a rotoli, rivendichiamo alla vita quel lavoro che assolutamente ci spetta e quell’amore, quel rispetto, quella fiducia che non abbiamo mai dato in primis a noi stessi.
- Vogliamo che l’esistenza scenda a patti con noi e giri esattamente come noi riteniamo “sia giusto” e degno della nostra “grandezza”.
La stessa che ci fa scivolare oltre che nel sonno, nel delirio di onnipotenza.
- Vogliamo liberarci al più presto da quella situazione difficile – “il problema” che come un virus ha disseminato l’infezione in ogni nostro organo interno relegandoci ad una tristezza infinita, alla lamentela e al giudizio cronici, all’insoddisfazione perenne.
E dunque, come se ne esce da questa situazione?
Semplicemente, entrandoci, una volta per tutte, DENTRO.
Dentro, significa , – dentro –
Dentro, significa osservare tutte le volte in cui saremo tentati di guardare fuori – dando attenzione e sprecando tempo nella ricerca del colpevole, nell’analisi dei perchè e dei come, nella tendenza all’autocommiserazione.

COSA PUOI FARE
- Il primo passo da fare è smettere di giudicare la situazione vivendola come una condanna. Questo per una ragione pratica: l’atto di giudicarla ci rende responsabili della sua ripetizione – potenzialmente – all’infinito salvo osservarla con neutralità come fossimo spettatori esterni .
2. Il secondo passo è prendere coscienza di quanta attenzione durante le nostre giornate viene destinata ad una situazione che sfugge al nostro controllo . Può essere utile praticare un atto di fede , anche se all’inizio potremmo non sentirlo a fondo :
al momento non riesco a comprendere il perchè di questo dolore ma mi fido e mi affido alla saggezza della vita che ne sa più di me – questa situazione non può essere contro di me
A tal proposito può esserti aiuto questo video che trovi sul mio canale youtube: – perchè proprio a me?
3. Il terzo passo è permettersi di sprofondare possibilmente senza commento nella situazione che percepiamo fastidiosa o dolorosa e chiedersi in tutta sincerità: riesco ad accettare questa condizione così com’è? Se no – perchè non ce la faccio? Qual è la resistenza che incontro? Cosa me lo sta impedendo? Una volta fatto – mi sforzo di restare in silenzio. Soprattutto se non arrivano risposte che di tutta probabilità sarebbero mentali.
4. Il quarto passo consiste in un atto apparentemente paradossale ma rivoluzionario:
può essere utile dirsi – quale che sia il mio stato d’animo mi do il consenso totale ad esprimere tutto ciò che sento – ovvero esprimere la verità di ciò che sento – momento per momento:
Rabbia, risentimento, tristezza e sensazione di non essere affatto d’accordo con la vita , con il guru di turno, con tutto ciò che mi ricorda che sono io a creare questa condizione anche se inconsciamente. Ciò che è importante è sforzarsi di osservare quanto più lucidamente ( con la pratica quotidiana degli esercizi di presenza ) questi movimenti emotivi nella consapevolezza che a stare male, a provare angoscia è il tuo istinto animale , l’apparato psicofisico che ospita la tua essenza.
5. Il quinto e ultimo passo è quello di chiedersi se possiamo accettare che al momento “non c’è via d’uscita” e non spetta a noi trovarla. Possiamo aiutarci soffermandoci sul sentire quanto di buono permea le nostre giornate e la nostra esistenza : situazioni, affetti siamo soliti dare per scontati o anche semplicemente ricordare tutte quelle sfide che ci siamo ormai buttati alle spalle e che abbiamo affrontato con coraggio.
Rispetto a questo potremmo chiederci : e se fosse stato proprio l’attraversamento di quella fatica a rendermi quello che sono oggi?
Cosa ho imparato da quell’evento, quali risorse mi ha insegnato a sviluppare?
Quali muscoli della mia anima mi ha aiutato a sviluppare?
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Non c’è altro modo di crescere che farlo insieme!