
Nelle scorse ore hanno fatto più che scalpore le dichiarazioni di una famosa imprenditrice italiana durante un dibattito che ha riproposto l’ultra dibattuto tema della scelta tra carriera e maternità.
É stato detto tanto, tantissimo tra chi auspica che “la bomba mediatica” non passi inosservata, chi si sente “offesa” e presa in causa e chi condanna acerrimamente quello che da più voci viene considerato il prodotto di una cultura imprenditoriale ormai obsoleta in cui l’egemonia del modello maschile nel “fare impresa” ha fatto sentire la donna socialmente sola, indifesa.
Da un punto di vista esoterico affermazioni come ” si deve estinguere una volta per tutte questa mentalità” non hanno letteralmente senso e per due ragioni.
1) il fatto che se ne parli testimonia ( si ancora e ancora) un dato di fatto : ce n’è “bisogno”, evidentemente.
A livello più sottile, un tipo di trasmissione così “penetrante” emblema di un maschile “irrisolto” e in un ambiente socialmente impattante come quello aziendale, si carica di un significato archetipico non indifferente .
E’ come se su di una piazza non indifferente, l’imprenditrice avesse prestato voce ad un modello patricentrico in cui la competizione, la produttività sono ancora presenti. Forse a volte, si nascondono bene.
La voce dell’imprenditrice è solo l’esternalizzazione, ad ampio raggio, di un sentire diffuso ancora in molte realtà aziendali (medio-piccole e grandi) e sostanziato nel continuare a preferire un uomo al candidato donna, non perché più competente e più professionale ma semplicemente perché non fa figli, radicalizzando e normalizzando una mentalità che così facendo non ripudia solo la maternità ma di fatto, rinnega anche la paternità.
Dunque se nella materia si manifesta una simile voce, la stessa, non è mica solo di “chi l’ha emessa”. Anche se ci appare “stonata” o fuori dal coro, anche se non ci piace, anche se ci disturba, anche se “fa male”.
Anche le guerre non ci piacciono.
Anche la giornata di pioggia quando “ci rovina i piani”, ci infastidisce.
É giusto?
No.
É sbagliato? No o dipende.
Ha senso? Sicuramente.
Tutto ciò che è fatto della sostanza di Dio ha senso, anche ciò che più “ci sembra ” essergli distante. L’unica cosa che esiste è la realtà e la realtà è permeata di Dio, in ogni suo atomo.
2) sempre il fatto che se ne parli e per giunta se ne faccia “interprete” un personaggio con un potere di “visibilità” considerevole nel mercato di riferimento con tanto di reattività, prese di posizione o al contrario di totale indifferenza attesta, all’ottava alta , l’accelerazione di un passaggio già in atto verso un femminile sacralizzato.
Infine ma non ultimo, la forza perentoria e a tratti aggressiva con cui mettiamo sulla graticola un’altra donna è essa stessa espressione di quel
Non finirà quel che ” ha bisogno” di essere letto con il fulgore di una nuova coscienza e questa è una benedizione.
Perchè solo e se, dentro di me , la maternità non è vissuta come un “problema” e di questo stato di coscienza ne rendo ogni giorno testimonianza, con l’esempio e con la presa di responsabilità totale della mia vita, allora, non lo sarà neanche” là fuori”. Questo non significa che “mi stenderanno il tappeto rosso” e mi diranno grazie per la visione che manifesto ma avere chiaro a cosa dare nutrimento e attenzione e a cosa toglierla è già un enorme passo verso il cambiamento che voglio vedere, nel mondo.
” Eh, ma la società eh il mercato del lavoro non aiutano le donne incinta “. Verissimo. E quindi?
La società sei tu, insieme a me e a tutti gli altri che mai come adesso abbiamo la responsabilità di ri-cordarci che è sempre nostro il potere di creare la nostra realtà.
Una realtà che rispecchi il nostro più alto perchè, i nostri valori.
Siate il vostro migliore sorriso e portatelo nel mondo che “non si salva con il femminile o il maschile integrati” ma con la testimonianza di Anime incarnate in un corpo fisico e non il contrario, macchine che quando conviene, si mettono a parlare di sani principi spiritual andanti.
Non ne beneficerà il mercato del lavoro, ma l’Umanità tutta.