Chiariamolo subito: il tema della dipendenza è multifattoriale. Non esiste mica solo quella sentimentale.
Ci rimpinziamo di frasi, teorie, tecniche e modelli con cui crediamo di aver davvero trovato l’elisir per sfuggire al meccanismo della dipendenza. Questo accade un po’ ovunque e ahimè ancor di più nel “fatato” mondo della crescita personale dove sempre più si finisce con il dipendere dal guru di turno che ti vende mille e cinquecento ragioni per non dipendere dalla qualunque tranne che dalla ricerca spirituale stessa, (a proposito, ci ho scritto un ebook ormai più di un anno fa dal titolo Spiritual Is The New black che puoi scaricare dalle risorse gratuite di questo  sito.
E si dipende altresì da quel whatsapp che non arriva mai anche quando ti ingegni nell’illusione di controllare la tua droga eliminando le spunte blu. Si dipende dalle notifiche dello smartphone a cui hai scelto (sì, l’hai scelto) di trasferire fiumi energia per poter confermare a te stesso che se non ce la fai a realizzare i tuoi progetti è perchè non hai poi tutto questo tempo, risorse, vitalità, vita.
E si dipende dal cibo e dalle sigarette. Dai farmaci e dagli integratori. Dai media e dal marketing succinto e velenoso tanto quanto si dipende da una paura ricorrente, si dipende dalla mente.
E sì, si dipende pure da faccende, da persone.
Il diavolo non è mai fuori di noi per cui non ha davvero senso sfinirsi nella ricerca del colpevole là fuori. Il diavolo è dentro e ripetiamo insieme: non è cosa brutta e malvagia.
Si dipende soprattutto da un’idea: l’idea che là fuori, in qualsiasi forma e sostanza risieda la soluzione a quell’atavico senso di mancanza.

Questione di metà o questione di meta?

Scrive Platone nel suo Simposio :
 
“ Un tempo gli uomini erano esseri perfetti, non mancavano di nulla e non v’era la distinzione tra uomini e donne. Ma Zeus, invidioso di tale perfezione, li spaccò in due: da allora ognuno di noi è in perenne ricerca della propria metà, trovando la quale torna all’antica perfezione.”
Ecco fabbricata l’idea che Eros o Amore, definiscano quella ricerca di completezza che muove tanta parte del nostro vivere in nome di una grande meta: ristabilire l’unione, superando la dualità. L’attrazione uomo – donna canalizzata attraverso l’energia sessuale, risponde illusoriamente e in parte a questo desiderio di completezza che manifestandosi sul piano fisico non potrà mai esaudire l’eterna ricerca di beautitudine che solo la consapevolezza di essere anima  può garantire.

Da un punto di vista psicologico la percezione della mancanza, del “non sentirsi completi” è ancor più incisiva di quella fisica: identificandoci perennemente nella mente e nei suoi comandi, obbediamo fedelmente alla sua richiesta di attenzione declinata immancabilmente verso tutto ciò che si trova all’esterno.

Crediamo  di essere adulti ma lo siamo solo nel corpo fisico:il nostro corpo emotivo  infatti continua a chiedere appagamento per tutto ciò che ha sentito di non ricevere nell’infanzia. Abbandono, rifiuto, tradimento, umiliazione sono solo alcune delle ferite che concorrono a fabbricare un falso sè che bisognoso, insicuro e vulnerabile sposterà sempre al di fuori la soddisfazione dei suoi bisogni primari in un eterno loop da cui talvolta è davvero molto difficile cavarsi fuori.

Ed eccola quà la peggiore delle dipendenze:  drogarsi dell’idea che appartenga sempre e solo a qualcuno al di fuori di noi lo scettro con cui decidere quanto e se possiamo dichiararci meritevoli di amore. Da qui il passo è breve perchè il partner diventi il centro assoluto delle nostre attenzioni, un essere da benedire o maledire a seconda che risponda a quel bisogno di nutrimento che viene da molto lontano e che ci rende diabolicamente mendicanti, talvolta in overdose, altre volte in astinenza.

La parola diavolo deriva dal verbo greco διαβάλλω (diabàllo) che significa separare, porre barriera, porre frattura, oppure, in senso metaforico, calunniare. Ecco che viene alla luce il significato originale del termine: il diavolo è colui che crea, attraverso la menzogna, separazione, frattura e inimicizia tra uomo e Dio, tra uomo e uomo. E’ colui che crea, attraverso l’inganno una frattura nell’anima del singolo individuo.

Eliminare il diavolo, prodigarsi per combatterlo è la via più veloce per allontanarsi dall’autentica sperimentazione dell’amore.

Perchè il diavolo in sè  non  è un’entità maligna ma una forma pensiero generata dalla nostra coscienza sempre smaniosa di separare  tutto, il corpo dall’anima, lo spirito dalla materia, ciò che è giusto da ciò che è sbagliato.

Il Diavolo nei tarocchi

Spesso tacciato di connotazione negativa, il Diavolo nei tarocchi è sì l’arcano  del vincolo, della dipendenza delle pulsioni che incatenano e soffocano ma è anche il portale della liberazione e del nuovo spazio che l’integrazione di quelle catene porta in consegna una volta compresa la loro funzione.

Perchè ci siamo ammanettati? Quale oro si nascondeva dietro il vincolo di quella dipendenza?

Cosa mi ha insegnato quella gabbia nevrotica?

 

 

Smettere di combattere una dipendenza è  il primo passo per uscirne davvero. Prendere coscienza del proprio schema di bisogno, osservarlo, lavorare per ri-conoscere le proprie ferite ed integrarle, riconoscersi come  l’Essere che abita al di là delle forme e delle maschere che la personalità indossa per camuffare la propria sofferenza, è di vitale importanza per ritrovare la gioia di vivere.

 

Se ti è piaciuto l’articolo o pensi possa essere d’aiuto a qualcuno condividilo sui social! Non c’è altro modo di crescere che farlo insieme!