Lo scorso weekend , in Puglia,  abbiamo piantato un seme importante: iniziare a vivere l’ esperienza del ricordo di sé attraverso l’ arte del cucinare e più propriamente dell’ impastare. È stato divertente vedere mamme e bambini impegnati in questo difficilissimo esercizio di ascolto e consapevolezza.

Di fronte all’espressione “ricordo di sè” qualche partecipante ha osservato : ” beh si certo…quando impasto il ricordo va subito alla mia dolce mamma/nonna e quant’altro”. Ecco, chiarisco subito:  con l’ espressione “ricordo di sé” non ci riferiamo a questo, ovvero al fenomeno intellettuale  del rammentare un ricordo ma ad un vero e proprio esercizio spirituale di presenza a se stessi.

Solitamente quando si cucina, si lavano i pavimenti o si svolge una qualsivoglia attività meccanica, la nostra attenzione si divide tra l’azione automatica del “fare” e quella puramente mentale e dialogica del pensare a tutt’altro, emozionandosi ( con paranoia annessa) per di più sui pensieri in circolo.

Questo equivale a non essere presenti. Equivale ad essere addormentati.

 

Si incomincia proprio da qui, dal risvegliarsi ovvero dal rendersi conto che proprio noi che amiamo definirci svegli, attivi, leggeri, liberi, razionali/irrazionali, pensanti e quant’altro, in realtà siamo immersi in un sonno incredibile.

 

Quando ci destiamo al mattino in realtà non ci svegliamo, ma passiamo da uno stato di sogno a un altro: è il sonno verticale; un sonno, cioè, che permette la posizione verticale, il movimento, il parlare, lo studiare… purtuttavia è ancora ben lungi dall’essere un reale stato di veglia. Si tratta di una condizione di perpetuo rintronamento nella quale non si pensa, ma si è pensati, non si provano emozioni, ma si è da esse trascinati, non si gestisce il proprio corpo, ma si subisce la sua fisiologia.
Se vogliamo lavorare per evadere dalla prigione è imperativo innanzitutto che sappiamo di essere all’interno di una prigione. Il più grande ostacolo al risveglio è che l’uomo pensa di essere già cosciente e pienamente libero! Per avere la certezza di essere in uno stato di prigionia è necessario vederlo con i propri occhi e, magari, rimanerne scioccati. L’ideale sarebbe riuscire a SENTIRE EMOTIVAMENTE l’addormentamento. Questo fornisce l’energia occorrente per iniziare a lavorare su di sé.

 

Salvatore Brizzi

Ma cosa vuol dire, concretamente, vivere l’ “addormentamento“?

Provo a comunicartelo così: quante volte ti è capitato mentre parlavi con tua mamma o la tua amica di distrarti al tal punto da chiederle, anche con un pizzico di imbarazzo, di ripeterti quanto “era sfuggito” alla tua attenzione? O magari mentre leggevi un libro, di dover tornare indietro nella lettura di almeno un capoverso perchè in realtà pensavi ad altro? E non ti è forse capitato di aver dimenticato chiavi, cellulare e chissà cos’altro nei posti più impensabili e per questo ritrovarti a vivere nella morsa della fretta perchè proprio quando ti servivano, quegli oggetti non erano con te?

Questi sono solo due semplici esempi di cosa significa “non esserci”. Non essere presenti a sè stessi mentre si svolge una qualsiasi attività.

Ci siamo passati tutti e sempre ci passeremo. Per me per esempio, fu scioccante rendermi conto di tutte le volte che non ero stata “presente” in svariatissime occasioni della mia vita. Ma ho scelto di gestire la distrazione ( ah, hai presente quando si parla di persone distratte in senso assoluto come se tutte le altre non lo fossero? ecco, non crederci troppo, la distrazione ci riguarda tutti) e non rendermi sua schiava inconsapevole.

Come si fa dunque, ad esserci? Le premesse di cui sopra, mi danno modo di introdurre uno degli esercizi cardine del percorso alchemico e di risveglio spirituale : “il ricordo di sè”. 

Lo so, questa espressione può confonderti e come darti torto del resto: non è tanto qualcosa che può essere spiegata a parole, quanto uno stato di coscienza superiore che si comprende solo facendo degli esercizi.

Per esempio, se hai mai praticato la meditazione sappi che forse senza saperlo, ti sei avvicinato a vivere l’esperienza dell’essere realmente presente. 

Ora, sulla meditazione ormai si pronunciano un po’ tutti, ammettiamolo. Alcuni addirittura la temono. Per esempio uno dei feedback più ricorrenti delle persone che lavorano nelle sessioni private con me è:  “non ne sono capace perciò ci provo ma poi rinuncio”. Credo che questo sia fortemente legato ad uno dei tanti falsi miti sulla meditazione: sono in tanti ad associarla al relax, al vuoto assoluto della mente priva di pensieri ed emozioni, ad uno stato di quiete totale in cui campeggiano colline e fiori di lillà o acqua che scorre limpida mentre i nostri sensi ne sono beatificati. Niente di più sbagliato.

 

Meditare è uno stato naturale dell’essere: il partner innamorato che si perde nello sguardo della sua lei riuscendo a mettere da parte se non addirittura ad annullare il ricordo di una giornata lavorativa stressante è in uno stato meditativo tanto quanto una neo mamma che cullando tra le sue braccia il suo capolavoro, sembra dimenticare il travaglio che ha vissuto prima.

Fondamentalmente si tratta di accompagnare noi stessi al ricordo di questa condizione naturale attraverso una pratica che prevede l’accoglienza e non l’evitamento di quanto si muove nel nostro inconscio. L’accettazione consapevole e non il giudizio sempre austero della nostra mente con cui facciamo l’errore di identificarci. Perchè vedi, la nostra mente non può, per natura, essere onnicomprensiva: è portata sempre all’analisi e per far questo divide e spacchetta. L’ultima cosa che dovresti fare è prestarle fede insindacabile.

 

A cosa ti serve tutto questo?  A conoscere chi sei. A prendere consapevolezza della tua natura più intima per fare un’esperienza realistica del mondo,

 

Quando preghi sei tu che parli con Dio” “Quando mediti sei tu cheascolti Dio“. Yogi Amrit Desai.

 

Impastare in maniera consapevole è una pratica di meditazione in cui è possibile esercitare il “ricordo di sè”.

 

Ma torniamo al “ricordo di sè” : sebbene sia considerato il fenomeno alchemico più importante, comprenderlo è possibile solo praticandolo. Concretamente si tratta di gestire quel continuo lavorio della mente, di tornare presenti a se stessi prima di cascare nell’identificazione con i pensieri che facciamo e le immagini che ci attraversano, concentrandoci su quanto stiamo facendo senza vagare con il pensiero.

 

Quando puoi farlo? In svariate occasioni:

  • quando cucini
  • quando lavi i piatti
  • quando passi per terra l’aspirapolvere
  • quando mangi un toast
  • quando passeggi per strada
  • quando fai una doccia
  • quando ti depili

 

Me lo confermerai che ti è capitato di svolgere una qualsiasi di queste attività e nel frattempo pensare ad altro! Alle bollette da pagare per esempio, al film visto il giorno prima al cinema, a quel messaggio su whatsapp che non ha ancora ricevuto risposta? Pensieri questi, cui è associato uno stato emotivo che il più delle volte si traduce in preoccupazione, angoscia, ansia e quant’altro finisce con il possederti, controllarti e renderti schiavo.

Possiamo fare in modo che non sia solo il nostro corpo ad impastare, vestirsi, cucinare, lavarsi, mangiare, lavare i piatti ma TUTTA la nostra persona.

Soffermandoci sull’atto dell‘impastare che è quello che abbiamo affrontato durante il workshop, è molto utile osservare quanto questa attività, svolta in modo consapevole, rappresenti una particolare forma di meditazione (mindful meditation) dai risvolti benefici non solo nella gestione dello stress da elevata attività mentale ma anche in rapporto all’aspetto di creatività e di relazione che ne derivano:

 

“Cucinare per gli altri aumenta la sensazione di benessere poiché ci mette in relazione col prossimo e ci fa sentire come se stessimo facendo qualcosa di buono per il mondo.

 

Impastare richiede un grado molto elevato di attenzione, bisogna misurare, mescolare e spianare. Ci si concentra su forme e odori rimanendo presenti a ciò che si sta realizzando. È un atto di consapevolezza che ci tiene concentrati sul presente e che può avere risultati positivi sulla riduzione dello stress”, riferisce la dottoressa Pincus, scienziata e professoressa associata di neuroscienze presso la Boston University.

 

mindful cooking  

Alcuni momenti del workshop “In Pasta” tenutosi a Grottaglie, organizzato dalla mia amica e anima speciale, Patrizia Giannotte con un pilota di prim’ordine: l’amorevole Giulia Fraccalvieri

 

Il cuore della pratica del “ricordo di sè” è rappresentato da fenomeno che non si verifica durante la vita di ogni giorno ovvero:  “l’attenzione divisa” che è la capacità di prestare attenzione a ciò che si sta facendo e contemporaneamente a se stessi.

Difficile?

Può darsi, finchè si resta nell’addormentamento.

Utile? 

Ditemelo voi.

 

A breve in Puglia partirà un ciclo di incontri su questo tema…in cucina! Resta connesso per non perderti gli incontri! Presto tutti gli aggiornamenti!

 

 

Se ti è piaciuto l’articolo condividilo sui social! Non esiste modo migliore di crescere insieme!

Se vuoi rimanere in contatto con Floriana, iscriviti alla Newsletter per ricevere news e aggiornamenti.

Ti basta inserire nel box qui sotto un indirizzo e mail valido.