Poche parole.
Sono in India. L’india del Nord. Quella che mi faceva tremare solo al pensiero di metterci piede un giorno.
No, non sono in vacanza e a dirtela tutta non saprei dirti altro a riguardo di questa mia decisione di venir qui. Dicono che l’India assomigli ad una sorta di chiamata, un appuntamento che arriva quando men te lo aspetti. Lontano da ogni interpretazione di sorta, io so solo che in quel pomeriggio di fine agosto mi ritrovavo davanti al pc con uno dei click più sospirati della mia vita: in un attimo è stato ” la tua prenotazione per Delhi è andata a buon fine”.
Sospiravo già. Quasi che la mia immaginazione potesse già darmi un fotogramma d’ingresso su quello che avrei vissuto pochi mesi dopo.
Una cosa è certa: non volevo essere turista. Non del tutto almeno.
Avrei già mille cose da voler condividere ma il mio viaggio non è ancora terminato per cui mi riservo di aspettare. Di osservare piuttosto
con la curiosità di una bambina a tratti spaventata, come si muovono dentro di me i mille personaggi che pur non volendo, finiscono dritti in valigia:
- la sofisticata
- la ribelle
- la riflessiva
- la paranoica
- la curiosa
- la ricercatrice
- la giudice imperturbabile di sè stessa
- la mendicante
- la umile
- la generosa
- etc. ( sì perchè le maschere egoiche che ciascuno ospita dentro di sè sono milioni e sempre in agguato, t’assicuro, soprattutto quando non hai modo di raccontartela!)
E dunque ranicchiata su questo letto dove la sera è gelo ( per una super freddolosa come me s’intende) mentre di giorno si sfiora la calura agostina inizio a buttar giù quanto ormai scalpita da tempo di venir fuori. Prometto di conservare ogni parola qui per iscritto, come piace a me, preservandola dal filtro delle correzioni. Mi perdonerai ma quel che conta è l’emozione che ti arriva.
Comincio dalla parte più semplice: si è chiuso un ciclo della mia vita. Sì, un altro ancora. Ma forse anche quello che proprio mai mi sarei aspettata di veder manifestato così repentinamente. Cosa c’entra questo con te che mi leggi e magari mi segui?
Oh, c’entra tantissimo. Perchè in queste ore ho compreso, non senza attimi di commozione, quanto io sia cambiata, stravolta, anche solo fino ad un anno fa. Un anno in cui ho letteralmente assistito con la meraviglia di una madre che si crede “impreparata”, alla nascita di quello che anni fa avrei chiamato il “mio lavoro ma che oggi scelgo consapevolmente di chiamare “servizio” (nel senso più profondo del prestarti a servire qualcosa di grande e che con te, con la tua piccola personalità non ha veramente nulla a che fare).
Un anno in cui ne ho viste veramente di tutti i colori, soprattutto nel campo della crescita personale.
- Ho collezionato corsi e seminari. Ho studiato tanto e portato a casa doni pazzeschi. Altre volte invece dopo tanto investimento e sudore ho incassato il colpo della delusione e dell’amarezza. Giusto il tempo di accettare, sorridere e perdonare.
- Ho avuto il privilegio e l’onore di conoscere anime di una levatura più unica che rara. Ho vissuto il confronto con tantissime personalità e compagni sì di viaggio di studi, ma anche di sventura. Qualcuno è diventato collega prezioso, intimamente connesso al mio spirito e al mio cuore, decorando i confini di una preziosa sorellanza e fratellanza animica. Qualcun altro, dopo piccole comparsate in cui ha preso senza ringraziare e persino sbattendo la porta in faccia, è uscito come naturale effetto di una talvolta impietosa quanto essenziale legge di risonanza.
- Ho vissuto i graffi sulla pelle, quelli che sanguinano.
- Ho preso schiaffi, calci e subito la manipolazione intellettuale proprio negli ambienti in cui meno me lo sarei aspettato.
- Ho vissuto l’euforia di collaborazioni lavorative da cui ho imparato a mie spese che avrei dovuto stare lontana un miglio.
- Ho interrotto con consapevolezza rapporti di lavoro e abbandonato sul nascere facili palcoscenici mediatici in cui mai avrei potuto riconoscere il senso ultimo del mio lavoro che oggi si nutre di etica, di un altissimo senso di responsabilità e di un sacro fuoco alchemico in cui la prima regola è togliersi di mezzo con il proprio ego e i suoi ingombranti bisogni.
- Ho dovuto fare più di qualche giro di giostra per comprendere che proprio a pochi centimetri dal mio cuore e dal mio sacro impegno di ricercatrice esiste una schiera di falsi profeti il cui incontro, seppur fastidioso, mi ha illuminata esattamente laddove avevo bisogno di chiarezza.
- Ma ho anche portato a casa milioni di carezze. Soddisfazioni professionali profonde e successi che però, credimi, non hanno nulla a che fare con medaglie, palcoscenici illuminati e lustrini a go go. Semmai li ho raccolti gelosamente nel silenzio del mio studio professionale e condivisi con pochi. Pochi ma buoni si dice vero? (La mia concezione di successo è decisamente cambiata ed oggi per me , non fa tanto rumore. Mmi viene in mente Shakespeare con il suo “Much ado about nothing”..ecco appunto), ma ne parliamo prossimamente.
Premesso che ( eh sì, purtroppo mi sono resa conto di quanto ancora non sia chiaro questo concetto) quando ti parlo di spiritualità non ti sto parlando, nella maniera più assoluta di religione, ( anzi!!!) , oggi la mia posizione si fa più austera ma anche coerente con chi sono, cosa faccio e soprattutto perchè lo faccio:
esiste una spiritualità da banco frigo del supermercato ( in cui zampillano tecniche e modalità easy detox per diventare “improvvisamente” illuminato tra chakra attivati a pagamento, angioletti di luce e iniziazioni varie) e poi esiste la Ricerca ( sì, volutamente in maiuscolo).
Esiste il sacro lavoro alchemico, un lavoro chirurgico e certosino sull’ombra, sul dolore del proprio sistema psico-fisico, dell’apparato famiglia, su tutte le false identificazioni che ci portano a perdere il ricordo autentico di noi.
Esiste il mettere tutto, ma proprio tutto in discussione. Cioè capisci che tutto questo è l’esatto contrario della fede cieca?
Facile? No.
Veloce? Men che meno.
Utile? Non lo so, scoprilo da te.
Scopri da solo, SPERIMENTALO su di te se sei davvero una semplice macchina consuma/produci piuttosto che un’anima incarnata in un corpo.
Perchè io propendo per la seconda ma non ho intenzione di convincerti. Non ti serve il libro della vita per impararlo tanto meno la partecipazione al mega seminario super sold out di crescita personale.
Ti serve VIVERLO.
SPERIMENTARLO.
Ne senti la differenza?
Smettiamola di darci definizioni. Nel mentre stai definendo te stesso con tutte le gloriose qualità di iniziato, illuminato, risvegliato, nazi vegan e simili stai limitando enormemente la tua vita e le sue infinite possibilità. Perchè poi magari dopo un po’ tuo marito ti tradisce, il tuo conto in banca è rosso carminio, tuo Fratello perde la vita in tenera età, ti rubano per la quarta volta l’auto e tua sorella si ammala di cancro (provando ad elencare solo un terzo di quello che noi umani riusciamo a raccontare fuori dal ruolo della vittima). O l’amicizia del forever together ti saluta neanche troppo dichiaratamente in uno dei momenti più duri della tua vita.
Eh. Sorte dei comuni viandanti di questo bizzarro pianeta Terra.
Dove sei tu in tutto questo? Tu che disperatamente cercavi te stesso a suon di campane tibetane e purificazioni dell’aura dell’ultimo minuto?
Sei qui. Proprio adesso.
Al di là di ogni definizione.
Il resto, se ti “risuona” lo scoprirai seguendomi.
In qualunque stazione della tua vita tu abbia deciso di riposare i tuoi piedi stanchi, non fermarti. Continua a camminare.
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