Ma in nessun caso ti può essere tolto 𝐜𝐢𝐨̀ 𝐜𝐡𝐞 𝐬𝐞𝐢.
Capire qualcosa attiene al piano intellettuale, viaggia su di un canale cognitivo, mentale.
Comprendere qualcosa – dal latino 𝑐𝑢𝑚 ossia “con” e da 𝑝𝑟𝑒ℎ𝑒𝑛𝑑𝑒𝑟𝑒 – cioè “prendere” “è prendere con- , includere dentro di sè tutte le possibili variabili di una faccenda, di una questione, di un tema, o di una altrui “opinione”.
Quando hai capito qualcosa, semplicemente lo possiedi.
Ti illudi di averne il controllo e di poter esercitare una qualche forma di influenza sul tuo uditorio.
Prima o poi, ne pagherai le conseguenze perchè tutto ciò che non proviene da un cuore puro ma da una rigidità spacciata per disciplina o fuoco di volontà, si discosta dalle leggi dello Spirito, non ha futuro.
Quando invece hai compreso qualcosa, quel qualcosa abita ogni atomo di te. Tu diventi il prima – il mentre – il dentro – il fuori e l’oltre, quella cosa.
Tu la sei.
Total-mente.
C’è un aspetto di cui non dovremmo mai dimenticarci soprattutto in periodo di quaresima: ogni fine, trascende sempre l’oscurità , la finitezza dell’umano tempo e spazio, liberando il campo all’ eternità.
𝐂𝐨𝐬𝐚 𝐬𝐢𝐠𝐧𝐢𝐟𝐢𝐜𝐚 𝐪𝐮𝐞𝐬𝐭𝐨 𝐢𝐧 𝐭𝐞𝐫𝐦𝐢𝐧𝐢 𝐩𝐫𝐚𝐭𝐢𝐜𝐢?
Che non dovremmo mai limitarci alla visione e versione “finita” di una chiusura, sia essa una morte, la fine di un lavoro, di una collaborazione professionale, una qualsivoglia separazione.
Non c’è morte che non si accompagni ad una resurrezione.
𝐋𝐚 𝐦𝐨𝐫𝐭𝐞, 𝐩𝐨𝐫𝐭𝐚 𝐯𝐢𝐚 𝐜𝐢𝐨̀ 𝐜𝐡𝐞 𝐡𝐚𝐢, 𝐝𝐢𝐜𝐡𝐢𝐚𝐫𝐚 𝐢𝐧𝐟𝐚𝐭𝐭𝐢 𝐢𝐥 𝐁𝐚𝐫𝐝𝐨, 𝐦𝐞𝐧𝐭𝐫𝐞 𝐫𝐞𝐬𝐭𝐚 𝐜𝐢𝐨̀ 𝐜𝐡𝐞 𝐒𝐄𝐈.
Perciò per quanto tu possa pensarlo, non ha molto senso “voler tornare indietro”, perchè niente e nessuno può più neutralizzare, schiacciare, manipolare e figuriamoci rubare, ciò che hai intimamente compreso.
Che sia allora quella fine, che estirpa le erbacce dei tuoi possedimenti, la misura spudorata di tutti i tuoi attaccamenti.
Prenditi il tempo di metabolizzare ed elaborare, se serve, a quella fine, facci il funerale.
Poi però rialzati, è di nuovo tempo di andare.
Ricordati sempre dei tuoi binari.