Che bello specchio quello della Ferragni in queste ore!

No, non quello che quasi certamente è presente in ogni sua pochette ma quello che quanto al lavoro su di sé ci sta sbattendo in faccia con l’aver osato farsi fotografare agli Uffizi ed ebbene sì, persino al Marta, il museo archeologico che custodisce gli Ori della città in cui vivo, Taranto.

E’ sempre un’opportunità incredibile leggere i commenti spalmati e spammati sui social network in queste ore e ad ogni lettura mi viene da confermare l’effetto strepitoso raggiunto dall’imprenditrice più glamour del momento. Quella che in sole 24 ore, in pieno regime di pandemia ha raccolto oltre 3milioni di euro destinati alla terapia intensiva. E sì, sempre quella che in un momento così tosto per l’indotto turistico, per l’arte e per la cultura, è riuscita a creare un movimento incredibile attorno alla magnificenza museale ( e da tarantina orgogliosa del polo archeologico di Taranto tocco con mano l’impatto di una simile visita nella mia città) e tantissima visibilità alla meraviglia paesaggistica pugliese grazie alla sua presenza di supporter per l’evento Dior in Salento.

Partiamo da un fatto:

“Le stories di Chiara Ferragni sugli Uffizi hanno avuto 550mila apprezzamenti in poche ore, per lo più da persone che per la prima volta stabilivano una relazione emozionale col nostro patrimonio. E sotto il nostro post, nell’arco di 24 ore, abbiamo avuto 2mila critiche, ma anche 30mila like: se fosse una partita di calcio, sarebbe finita con un 15 a 1” dichiara Eike Schmidt, il Direttore degli Uffizi, che da buon giovanilista sintetizza così la sua idea di Museo:

“Noi abbiamo una visione democratica del museo: le nostre collezioni appartengono a tutti, non solo a un’autoproclamata élite culturale, ma soprattutto alle giovani generazioni. Anche perché, se i giovani non stabiliscono oggi una relazione col patrimonio culturale, è improbabile che in futuro, quando saranno loro i nuovi amministratori, vorranno investire in cultura. Per questo è importante usare il loro linguaggio, intercettare la loro ironia e il loro potenziale creativo”.

L’operazione Ferragni ( ma francamente non sono neanche troppo d’accordo con questa nominalizzazione) ha sicuramente raggiunto due innegabili risultati:

  • avvicinare ad un ambiente spesso interpretato con le lenti di un certo snobismo culturale (che ha relegato gli strumenti di fruizione dell’arte ad un’elite ritenuta degna di tale spocchioso accesso) una compagine giovanile (e non solo) che di tutta probabilità non avrebbe fatto accesso al museo neanche sotto ricatto economico

Ma facciamo un esempio concreto:

  1. poniamo che un follower della Ferragni la vede al museo, legge nei post e nelle sue stories i suoi commenti di ammirazione post visita museale e pensa “dai, ci voglio andare pure io” . E alla fine  ci va e magari:

– guardare il Tondo Doni del Buonarroti, sì, proprio quello immortalato dalla Ferragni , diventa il gancio per vivere in maniera completamente diversa l’esame di Storia dell’Arte previsto nella sessione estiva di luglio ( e non c’è da ridere, l’effetto modellamento da marketing influencer funziona così)

– inizia a fare qualche ricerca sul web e scopre che quell’artista è esattamente quello il cui dipinto campeggia nel salone di casa dei nonni e di cui non s’era mai minimamente chiesto chi fosse l’autore

  • smascherare in maniera certamente meno consapevole quanto difficile sia osservare , attraverso ciò che tanto aspramente giudichiamo fuori, quante incredibili ombre si muovano sempre e fedelmente al nostro interno.

E di nuovo, facciamo un altro  esempio (uno dei tanti possibili): se mi sono identificato con quel filone intellettuale pseudo radical chic perennemente sdegnato da qualcuno e qualcosa prima ancora di chiedersi (profondamente – perchè – sarà molto interessante leggere attraverso le maglie (sempre troppo strette) di tutte le identificazioni in cui è cascato il mio ego.

Proviamo a chiederci: perchè provo questo fastidio? Quale parte di me sta illuminando richiamando la mia attenzione? 

Riporto tra i commenti  : ” ma va, io non provo assolutamente invidia per una del genere, non vorrei mai essere un influencer”. 

No, ok. Ma magari, sei una che s’è smazzata sui libri, ti sei venduta l’anima al diavolo per i tuoi studi e ancora completamente soddisfatta della tua personale formula di realizzazione non sei.

Se il tuo orgoglio si sente ferito e infastidito, sei sulla buona strada. Il successo, la felicità e la ricchezza altrui spesso ci disturbano nella misura in cui “ci parlano” di ciò che avremmo voluto realizzare e per “colpa” di tanta insicurezza ( qualcuno la chiamerà ingiustizia) non sono riuscito a fare.

” Sì ma a me di fare l’influencer non frega nulla” – Non importa aggiungo. Non è l’ambito, è lo schema che in questo caso specifico – il caso Ferragni può tirar fuori.

Quando i fatti parlano non c’è da valutare quanto sono giusti o sbagliati ma semplicemente osservare quanta informazione veicolano rispetto al nostro  livello di coscienza.

Come dentro, così fuori.

«Di solito la nostra indignazione per il comportamento degli altri riguarda un aspetto irrisolto del nostro io.»
– Debbie Ford.

Infine ma non ultimo:

  •  gettar luce sull’innegabile falla della comunicazione culturale nell’adeguamento ai nuovi mass media

Forse la Ferragni non lo sa neanche ma ha il merito, indiscusso, di aver palesato quanto siamo fuori strada se pensiamo davvero che il “problema” risieda nell’associazione della  sua immagine di barbie girl  alla Venere del Botticelli piuttosto che nel realizzare che qualcosa non sta funzionando nella relazione emotiva con l’arte, la musica e tutto ciò che comunemente leghiamo al concetto di bello.

Ma proviamo a chiederci: chi può pontificare sull’adesione a ciò che bello? Chi può decidere i tempi e i modi di tale fruizione?

Come sempre non ci sono mai scuse quando si vuole lavorare realmente su di sè. La cronaca, poco importa se nera, rosa, gialla o arcobaleno, chiamando a raccolta un’intera comunità di persone ci aiuta e non poco a leggerci dentro.

Capire il fenomeno grazie alla Legge dello Specchio

Legge dello Specchio, una delle leggi universali a braccetto con la legge di risonanza ci dice che la realtà ci fa da specchio. Cosa vuol dire?

La legge dello specchio si accompagna al meccanismo della proiezione spiegato magistralmente in psicologia e di una importanza così grande da dover a mio modesto parere essere oggetto di studio giù dai primi anni a scuola. Per approfondire, ne parlo anche qui : Invidia, rabbia e dintorni – conoscere la legge dello specchio 

Ma cosa si intende per proiezione?

La proiezione è pertanto un meccanismo inconscio e di difesa arcaico, di cui non siamo affatto consapevoli, automatica, che si manifesta trasferendo sugli altri esattamente quelle qualità che non riusciamo ad identificare dentro di noi.

Ogni contenuto rimosso di sè può essere può essere di natura negativa ma anche positiva ed essere trasferito non solo su persone ma anche su oggetti, animali, cose.

Una cosa è certa: ogni rimozione interessa i contenuti del nostro inconscio ed è per questo che l’invisibile ci influenza infinitamente di più del visibile.

Dalla teoria alla pratica: più qualcosa si nasconde in profondità, meno ne siamo coscienti e più ci crea enorme fastidio quando lo vediamo negli altri.

Negli altri vediamo solo quello che ci piace o non ci piace di noi stessi. (…) Non possiamo vedere noi stessi: dobbiamo avere uno specchio per farlo. Voi siete il mio specchio e io sono il vostro.»
Illumina il tuo lato Oscuro – Debbie Ford. 

«Sappiamo che la proiezione ha luogo quando qualcuno è emotivamente colpito dal comportamento di un’altra persona, positivo o negativo che sia.»
– Debbie Ford.

La preziosità della Legge dello Specchio è nel permetterci di vedere all’esterno con una lente di ingrandimento quelle “zone d’ombra” registrate nel nostro subconscio e che mettiamola così, non ci farebbe tanto piacere vedere. Il fastidio percepito nei confronti della qualunque ” lì fuori” nasce così, nutrito da quella insidiosa convinzione di essere davvero separati dagli altri, dal contesto, dalle faccende contingenti in politica, economia, moda, spettacolo e così via.

.Vediamo solo ciò che siamo, SEMPRE.

Tutto ciò che ci irrita negli altri, può portarci a capire noi stessi. C. Jung