Ha riempito rotocalchi e giornali.
Diviso idealisti e realisti ma in fondo, fatto sognare entrambi.
Sto parlando della ultra discussa e tanto amata relazione d’Amore tra Marina Abramovic . Lei, “the Grand Mother of performance art” la “nonna dell’arte performativa”, come lei stessa si definisce è tra le artiste contemporanee più note soprattutto in virtù di molte sue esibizioni giudicate estreme. Le sue performance, spesso incomprese, suscitano emozioni fortissime nel pubblico, testando limiti del corpo e della mente e avviando una ri-definizione del mondo dell’arte figurativa e dello spettacolo.
Spesso, relazioni di fama planetaria come quella di Marina e Ulay vengono investite dall’occhio dormiente e meccanico del pubblico innamorato di un’idea d’Amore ideale,fabbricato sulle impalcature di ferite e traumi infantili mai curate, tracce indelebili di un bambino interiore mai visto e a lungo, nei sui bisogni emotivi primari, intimamente trascurato.
Ma quel bambino ha bisogno di sognare, di ri-credersi, di crearsi uno spazio di vitale sopravvivenza dove “il ricordo di casa”, non quella genitoriale, ma quella animica , possa riscattare la sua legittimazione ad esistere. Per farlo, spesso inconsapevolmente, s’appiglia con tutto il suo spirito e la sua immaginazione a forme pensiero,spesso di portata mediatica , in cui la parola “Amore” è ingentilita dal passo mitizzato di due eroi – amanti che nell‘incontro scontro di maschile e femminile, manifestano la torbida equivalenza amore = tormento.
Ma siamo sicuri di poter ancora mantenere in piedi questo manifesto di impraticabile e per nulla evolutivo modo d’intendere la relazione a due?
Marina e Ulay : la sfida di definire cosa è ma soprattutto NON è “AMORE”
E’ il 1976 quando lascia la Jugoslavia e va ad Amsterdam, dove conosce l’artista tedesco Ulay : lui, barba e capelli lunghi solo da un lato mentre l’altro è completamente rasato, la conquista all’istante.
Di lì a poco nasce un grande amore e un sodalizio artistico speciale che li porta a viaggiare e vivere insieme a bordo di un furgone adibito a camper, un ex cellulare della polizia Citroen HY, con cui attraversano tutta l’Europa dando vita allo stile di vita da loro definito ” “Movimento permanente”. la loro è una quotidianità fatta di stenti: vivono senza riscaldamento e senza acqua corrente, racimolano qualche soldo dalle loro esibizioni e dalle polaroid realizzate da Ulay. Poca roba, tantissimo amore, al tal punto che di comune accordo incorniceranno questi cinque anni tra i più belli e intensi di tutta la loro esistenza.
Marina e Ulay, alla sintesi di maschile e femminile hanno dedicato un’ampia trattazione nelle loro discusse performance: celebri sono quelle in cui i loro corpi , esposti alla spietata sperimentazione dei limiti della resistenza mentale e fisica, definiscono i confini dello scontro di coppia veicolando il significato della fiducia, dell’empatia, dell’equilibrio e delle dinamiche specchio tipiche delle relazioni a due.
E’ il caso di “Relation Time”, performance in cui la coppia siede di spalle ed è legata dai capelli con una treccia strettissima. Sedici ore fermi e legati così, completamente soli ( solo un ora dopo venne ammesso il pubblico e un fotografo per documentare i quasi impercettibili i movimenti dell’ultima ora della performance). Una fotografia assimilabile ad un complesso scultoreo che solo apparentemente, con la simmetria dei corpi, parla di equilibrio: di fatto , il protagonista è il nodo di una crisi, riflesso di un rapporto d’amore lungo e logoro.
“In una coppia di artisti che operano insieme c’è sempre qualcosa di non detto. Un’alchimia che ha dato vita a una reazione a catena, la cui formula è criptata. E non sempre chi emerge, alla fine, è il vero motore del progetto” – Alfredo Accatino
Indimenticabile e sulla stessa sequenza narrativa “Breathing in/Breating out” in cui durante l’action respirano l’uno dalla bocca dell’altro, scambiandosi ossigeno ma anche anidride carbonica, fino allo svenimento, metafora dolorosa quanto realistica di un rapporto di coppia in cui si alternano luci e ombre senza mai sperimentare la gioia incondizionata dell’amore. . In “AAA AAA” invece si urlano in faccia fino allo sfinimento.
Trovi un approfondimento sulle relazioni tossiche qui : perchè ci innamoriamo di chi non ci fa star bene?
Chissà come avrebbero reagito se avessero potuto predire che dopo quegli anni, il loro rapporto privato sarebbe andato in frantumi proprio mentre la loro collaborazione artistica diventata sempre più forte e acclamata dal pubblico.
Per esempio Ulay avrebbe voluto dei figli ma Marina abortisce tre volte sacrificando la maternità al suo incontenibile amore per l’arte. Agli occhi del pubblico loro incarnano l’Amore ideale, romantico, quello del sogno che alberga nei cuori di ognuno sin dai -primi passi Chicco-. Peccato che i due, iniziano a vivere l’inferno privato, l’ombra più grande del loro essere coppia. Ulay, sentenzia Marina, “vuole” trascorrere quegli anni tra droga e alcool e viaggi e i suoi interessi iniziano a non incontrare più quelli di lei che lo scopre ripetutamente infedele. E’ l’inizio della fine per Marina, che provata da una sofferenza schiacciante, matura insieme a lui la decisione di lasciarsi. Lo faranno con un’ultima performance “The Lovers” : ben otto mesi di preparazione, con le telecamere della BBC che li seguono in un docufilm . Un’operazione lirica sconvolgente e di proporzioni epiche. Lui parte dal deserto di Gobi, lei dal Mar Giallo, ai due estremi della Grande Muraglia cinese, per incontrarsi dopo tre mesi a metà strada dopo una camminata di 2500 chilometri. Nel frattempo Ulay si innamora della traduttrice che dopo poco scopre di essere in dolce attesa.
«Che cosa devo fare adesso?» chiede lui a Marina al momento dell’incontro confessando l’accaduto. «Non lo so – risponde lei – ma io me ne vado». Tra loro finisce così e non si vedranno più per ben ventidue anni.
Nel maggio del 2010 Marina è al Moma di New York con la sua “The Artist is Present“: seduta a un tavolo , occhi chiusi e connessa ad un profondo stato meditativo, attende il visitatore del momento che si siede davanti a lei che apre gli occhi per due minuti .Due minuti di profondissima osservazione, in silenzio. Sette ore al giorno, per due settimane. Fino a quando, un giorno, lei apre gli occhi e in modo inaspetatto si trova di fronte Ulay.
L’emozione non si descrive ma è ben tangibile in questo filmato.
Un filmato romantico, struggente. Tinte liriche, melodrammatiche che tratteggiano i confini di una relazione che nonostante l’usura del distacco continua a mostrarsi totalizzante agli occhi dei più.
I più che preferiscono non approfondire e tacere molti dettagli, come per esempio, la notizia di pochi mesi fa che racconta di violentissime liti tra i due artisti dovute alla denuncia da parte di Ulay di violazioni di diritti e accordi firmati in passato con Marina, quando ancora non c’era traccia di tempesta.
Ma allora, al di là dell’idealizzazione si racconti e favole mediatiche, cosa è il VERO AMORE? COSA SI INTENDE PER SACRO AMORE?
All’improvviso, a Ulay viene diagnosticato un cancro. Dopo una vita intensa e appassionata la morte arriva a scrivere l’apparente chiusura di capitolo di una storia controversa e davvero difficile da spiegare e che di certo potranno leggere, nel backstage della loro unione, solo i due protagonisti.
Durante una esibizione, a Marina venne chiesto se mai avesse avuto paura di morire. Rispose così: “Okay muoio. E allora? La vita è un sogno e la morte è un risveglio”. Lo ammetto, ho amato questa risposta. Che poi, è quella con cui mi piace leggere l’epilogo della loro storia: la morte fisica di Ulay come simbolo di una morte di quanto nella relazione malsana chiede di essere rivisitato alla luce di un risveglio dell’unico organo a comando della gioia e della gentilezza: il cuore.
Ciao Floriana ho avuto il piacere di leggere(e devo dire con tanto interesse) il tuo su marina e elay.
Vivere una vita di emozioni genera energie che si trasformano e si evolvono in altre emozioni con un fiume di sensazioni che solo il tempo riesce ad elaborare e donare a chi è pronto a riceverle.
.. Grazie per il tuo contributo alla mia esistenza.
Carmen, ma grazie a te per essere qui a testimoniare! un abbraccio, anche se non “so” chi tu sia, benvenuta in questo spazio!