Sono nata e cresciuta in una città di mare e negli ultimi anni ho fortemente compreso quanto io non ne possa proprio più fare a meno, soprattutto dopo aver lasciato Milano, città in cui ho vissuto per qualche anno e a cui sono affezionata, non foss’altro perchè la frequento stesso per lavoro.
Per il mare ho una dichiarata e palese ossessione, un ‘amore incontenibile e a tratti quasi ingestibile. Una passione che m’accende da quando ne ho memoria.

Terra, acqua e fuoco: nel mio biberon anni fa hanno miscelato esattamente questi elementi, non può essere altrimenti.

Vengo da due generazioni di lupi di mare ed è per questo che mi sento una sua piccola sirena. Figlia del dio mare principalmente, ma ” cugina” della terra grazie all’ impronta materna.
Avevo pochi mesi quando mio padre mi buttava – sì- letteralmente-  in acqua davanti agli sguardi un po’ giudicanti degli altri bagnanti per i quali io avevo troppi pochi  mesi per “subire” il gesto folle di mio padre.

Gesto che proprio folle non lo è mai stato: non solo perchè l’acqua rappresenta l’habitat ideale di un neonato ma soprattutto perchè a quella familiarità, sedimentata nei primi anni di vita, io devo tantissimo o per lo meno gran parte di ciò che ha agevolato non poco il lavoro su me stessa.
Si tratta di lezioni così importanti che oggi ho deciso di condividerle con te.
La letteratura filosofica dal medioevo ad oggi ha impiegato non poche metafore mutuate dal mare: sono innumerevoli gli scritti che ci parlano di fiumi e sorgenti, di oceani e tempeste, di navi e timonieri, di isole selvagge e spiagge assolate, di naufraghi e naviganti.
Filosofi romani quali Seneca, Cicerone o Lucrezio hanno  pensato al mare come rappresentazione allegorica  dell’intera esistenza umana in cui le tempeste ricordano le passioni indomite dell’essere umano, i naviganti le diverse tipologie che approcciano il mare ciascuno con il proprio stato di coscienza, la riva come il rifugio sicuro donato dalla presenza e dalla centratura nell’interiorità, il porto come la scienza dello spirito , veicolo di conforto e salvezza.
– Il mare è come la musica: contiene e suscita tutti i sogni dell’anima. (Carl Gustav Jung)

1 –  Vivere a braccetto con l’imprevedibilità

Ti devi mettere in testa che il mare può diventare il tuo peggior nemico. È imprevedibile e se ne frega della tua forza- . Anno 1990 , voce mio padre, accompagnato dall’immancabile rullo di tamburi di mio nonno  con il suo lo devi temere Floria’. Devi amarlo e temerlo insieme, il mare”
Ho trovato queste frasi su uno dei trilioni dei ” diari segreti” che ancora riempiono gli armadi della mia cameretta di bambina. Funzionava così: consegnavo a quello che sentivo essere il mio miglior amico di sempre ( lo chiamavo proprio così 😄) le parole che non potevo dichiarare in persona ai diretti interessati. Perché sì , tutte le volte che papà e nonno provavano a smorzare i miei “entusiasmi facili” prima di uscire in mare aperto, io non li sopportavo.
“Siete pesanti e impauriti “ era il massimo che riuscissi a proferire con loro che mi guardavano a metà tra il dispiacere e uno stato di tangibile insofferenza. La stessa con cui, sono certa, hanno dovuto moderare la loro stessa maniacale passione, quella che sin da piccola hanno riconosciuto indomita e selvaggia anche in me.
Però avevano ragione. Da vendere. 
Perchè il mare mi ha messa alla prova infinite volte. Tutte quelle in cui ho creduto davvero di poter controllare la forza di una corrente ritrovandomi ad aver paura di non potercela fare  a raggiungere la riva nel bel mezzo di una mareggiata assolutamente imprevista. Tutte le volte che ci penso mi viene in mente quella smania di poter controllare gli eventi, prevederli, ostinatamente manipolarli, uno slancio che diversi anni fa è stato anche mio, almeno fin quando la vita stessa, dirompente e a tratti prepotente, ha deciso di fermarmi o travolgere completamente, come in un’onda anomala , inghiottendo nel suo moto tutti i miei personalismi, obbligandomi a vederli, osservarli.
Gli ultimi versi della Medea di Euripide affermano l’imprevedibilità di quanto avviene nella vita umana: “Di molti casi Zeus è dispensatore sull’ Olimpo (e molti eventi fuori dalle nostre speranze  portano a compimento gli dèi;e i fatti attesi non si avverarono,/mentre per quelli inaspettati un dio trovò la via./Così è andata a finire questa azione” 

2 – Sondare le sue profondità con la curiosità di un bambino per poi scoprire proprio in quegli abissi, il tesoro

In diverse correnti di  spiritualità orientale la superficie del mare rappresenta la natura dell’esistenza  nel suo moto perpetuo mentre le sue profondità rappresentano  la quiete che non è mai turbata: da questa prospettiva sta a noi scegliere come lasciarci influenzare o ispirare dal mare.
Ho esplorato fondali completamente diversi, dalla meravigliosa  barriera corallina in Egitto a quelli che impreziosiscono di assoluta meraviglia le Isole Cayman nei Caraibi, fino a quelli che proprio nella Terra che abito mi fanno battere il cuore : i fondali delle a Isole Cheradi.  In ogni occasione ho provato emozioni sempre diverse: l’emozione per la vista di un corallo sensazionale o di una specie dai colori incredibili, il senso di smarrimento quando mi è capitato di imbattermi in oggetti strani, altre volte ancora la frustrazione di non riuscire a veder nulla data l’acqua torbida o troppo scura.
Che dire? Uno splendido parallelismo con il viaggio negli abissi dell’inconscio là dove aleggiano non poche ombre e scheletri nell’armadio. Un’attività di ricerca in cui spesso si scopre che osservatore e osservato coincidono e l’effetto sorpresa/magia è assicurato.
Un po’ come quando dopo anni di estenuanti peregrinazioni alla ricerca di quel qualcosa che abbiamo sempre creduto essere “fuori” , realizziamo che era sempre stato lì, negli anfratti dell’Anima, il nostro tesoro personale. Un’avventura che per ovvie ragioni non è affatto esente da sentimenti di rinuncia, noia, angoscia e frustrazione ma che vale ogni anelito di ricerca.
Del resto fu proprio l’immenso Jung a vedere nell’acqua in ogni sua forma (mare, lago, fiume) una delle tipizzazioni più ricorrenti dell’inconscio, così  la femminilità lunare intimamente connessa con l’elemento acqua 

Su questo tema riporto una preziosissima  testimonianza, cui sono molto legata,   di un’analista junghiana, Norma Bärgetzi Horisberger

 

“L’acqua, il mare, è il simbolo dell’inconscio per eccellenza, con tutti i contenuti rappresentati da tutti gli esseri che vivono nelle sue profondità. Noi tutti abbiamo navigato nel mare uterino delle nostre madri e l’acqua ci ricollega a uno stato in cui non ci sentivamo ancora separati dal grande universo. La barca è da sempre stata non solo un veicolo, uno strumento, ma anche compagna dell’uomo. Alla barca si dà un nome e guai a cambiarlo! Da sempre la barca è stata espressione di un archetipo, colei che ci porta nel nostro viaggio terreno da una sponda all’altra. L’io che nel viaggio individuativo deve confrontarsi e relazionarsi con le intemperie che il destino ci pone sul nostro viaggio. La vela è un’immagine che mi parla molto, perché si muove con il vento e nessuno può comandare il vento. È una metafora per le nostre attitudini, le nostre caratteristiche, le nostre qualità. Il vento è per me simbolo del destino, colui che interferisce nel dialogo tra mare, barca e vela. Quindi, dobbiamo adattare le vele come meglio possiamo. Capita, per esempio, che un vento contrario ci costringa a rinunciare almeno temporaneamente a raggiungere un dato porto; proprio come con certi obiettivi che ci fissiamo nella vita. In altri casi siamo costretti a circumnavigare un’isola, proprio come dobbiamo spesso «girare attorno» a ciò che vogliamo ottenere. Il viaggio in barca a vela sottolinea la relazione che intercorre tra l’energia divina (il vento) e l’essere che si muove a seconda del proprio destino nella presente incarnazione”

(F. Balli, Il viaggio della vita, intervista a Norma Bärgetzi Horisberger, straordinaria analista Junghiana che decise di   dedicare la sua tesi finale proprio al tema del viaggio in barca a vela come metafora del cammino psicoanalitico.)

3 – Non esiste un detox energetico più potente del Mare

Gli studi sul potere curativo ed estremamente benefico del mare sono ormai innumerevoli e vengono condensati nella talassoterapia. Al di là della dottrina, sperimentarlo da te ti darà tutte le risposte: una mente infinitamente più leggera, un corpo detossinato, un respiro più calmo, un senso di rilassamento generale dovuto all’aumento di onde alpha che il cervello sperimenta entrando in una nuova dimensione. Non è un caso: siamo fatti per circa il 75% di acqua e nei primi mesi di vita siamo stati cullati nel liquido amniotico di nostra madre. Come potrebbe il nostro cervello , ma soprattutto la nostra anima riconoscere una simile connessione biologica? Senza contare che il blu, nella fascia dei colori è associato all’inconscio ed è in grado di regalare uno stato di benessere e beatitudine.

Personalmente quando mi sento emotivamente e psichicamente appesantita mi basta fare un bagno in acqua marina (d’inverno riempio la vasca da bagno di sali del mar morto, lo so non è la stessa cosa ma tant’è) e abbinarci , complice la fissità dell’intento di ripulirmi energeticamente, questa visualizzazione: immagino di  essere benedetta da quell’acqua il cui sale andrà a disintegrare ogni ossessione, ogni nevrosi del mentale, ogni torpore emozionale. Una volta sul bagnasciuga lo guardo e lo ringrazio ed è sempre tutta un’altra storia.

Provateci e fatemi sapere.

4 – Le onde ti allenano alla presenza e ti insegnano come si sta al mondo

Lo ammetto, questa è la mia preferita.

Adoro la fenomenologia dell’onda e ho trascorso parte delle mie notti da adolescente a raccogliere video delle onde anomale più spaventose e tipicamente oceaniche. I surfisti di prim’ordine, quelli realmente allenati a surfare quelle più maestose per me sono maestri leggendari di motivazione e coraggio. Li ammiro da paura.

Per stare in equilibrio sulla tavola, il surfista deve sapere di” potersi fare amico” l’oceano e trovare un punto di grande centratura che lo tiene in equilibrio tra l’azione e la non-azione. Afferrare l’onda, cavalcarla,  vuol dire mantenere uno stato di osservazione dinamica: non si può non ascoltare il movimento dell’oceano tutto attorno, che sostiene e porta in alto. Cosa accadrebbe se il surfista fosse preso dalla smania di domare l’oceano?  Ne verrebbe immediatamente verrebbe inghiottito, sopraffatto dalla stessa onda che lo ispira e appassiona.

Cosa ci insegnano le onde: che le nostre sfide hanno la stessa tempra.  Oggi siamo i re indiscussi , la surfiamo con maestria e dedizione, domani la stessa onda che ci ha consacrato al podio ci ha travolti. Che si fa? Si lavora sull’accettazione sapendo che quella tavola da surf rappresenta il nostro baricentro stabile. Nel lavoro su di sè lo chiamiamo centro di gravità permanente. Non sai cos’è? Ne ho scritto proprio qui: Dove vai se un centro di gravità non ce l’hai?

Il mare è il mio cuscino di meditazione per eccellenza: non servono incensi perché il suo profumo lo sceglierei tra milioni e soprattutto, ogni suo movimento è diventato per me un pretesto per allenarmi alla presenza.

Questo pianeta è generoso in un modo che non riusciamo ancora a vedere: ad ogni passo ci regala sedili e poltrone su cui sederci senza troppo adagiarci per iniziare il viaggio più bello: ri-cordarci di noi. Qualunque sia il posto in cui vivi sei circondato da questa abbondanza: te en sei accorto?
Il mare come culla della vita, come mano tesa che lambisce, mitiga, trasporta e porta in salvo; il mare come abisso, come cimitero, come sirena che confonde, illude, chiama e uccide.
Uomo libero, sempre il mare tu amerai.
Charles Baudelaire