#iorestoacasa, il manifesto per eccellenza di queste ore in cui non si parla di altro, il Coronavirus.
Mai nulla di simile ci aveva così tanto divisi e separati, tanto nei giudizi manifestati nel puntare il dito contro l’altro , poco importa se fratello/sorella, rappresentanti di questo credo spirituale e di quest’altro ancora, conterraneo o italiano, quanto nell’impulso a manipolare quello che accade per lustrare l’ego con sermoni e sentenze di assoluzione o dissoluzione di chi sta reagendo diversamente da noi , riempendo il social di invettive o auto-proclamazioni di vincitori e vinti e infine ma non ultimo abbassando le nostre vibrazioni con l’irrinunciabile caccia al colpevole.
Ma ogni destrutturazione ha sempre una funzionalità evolutiva: quella di liberare il campo al nuovo che ci chiede costantemente esplorazione ricordandoci la necessità di accettare il cambiamento senza più resistenze. Destrutturazione dunque come liberazione. Come benedizione.
La morte che fa da preludio alla rinascita ( è fa effetto che lo scrivo proprio oggi, giorno tredici – numero che realizza appieno il passaggio alchemico dalla morte alla rinascita) tanto quanto là fuori, fedelmente, ce lo ricorda l’ormai prossima primavera.
Come scrivevo nello scorso articolo https://florianamaraglino.it/coronavirus-conoscerelapaura/ non è certo la paura il nemico da combattere. E in generale da combattere non c’è proprio niente così come, al di là della sua manifestazione apparente, non c’è niente di mai vissuto prima d’ora.
Non c’è niente di nuovo in quel che sta accadendo (Manzoni e Boccaccio per esempio, ce l’hanno raccontato bene), ma solo la magistrale lezione di ciclicità dell’ esistenza che si compie perfettamente nel riportarci, ancora una volta, fedelmente, l’improrogabilità di guardare in faccia il dono più grande del virus più grande che ci ha colpito da che ne abbiamo timore:
la paura di esprimere chi siamo veramente e farci le domande che abbiamo il terrore di porci.
Ed è così irrimandabile questo appuntamento che per comprenderlo siamo “obbligati” a stare a casa, per realizzare poi che in realtà si tratta di un ritorno.
Non è un caso che Ritorna a te Ritorna a casa sia il nome di uno dei miei workshop intensivi che ho “battezzato” due anni fa.
Ma che cosa vuol dire questa espressione? L’abbiamo letta nei libri, ascoltata nei seminari. E forse, non l’abbiamo ancora realmente compresa.
La casa la cerchiamo da sempre . E’ una ricerca che non ci lascia mai e la puoi facilmente riconoscere da quel peso sullo stomaco che ti fa pronunciare, ogni qual volta senti di “conquistare” qualcosa, che in fondo, non è mai abbastanza. Ed ecco che riparte la ricerca. Ansiosa, assillante, pretestuosa, penetrante. Vibrante di desiderio che sa di angoscia. L’angoscia di non riuscire mai a trovare il proprio posto nel mondo.
E allora, sfiniti, abbiamo preteso di trovarla nella relazione dei sogni, nel titolo professionale, nel corso cui demanderemo l’onore di auto-proclamarci “esperti” in questo settore e quell’altro. E la cerchiamo altresì nel lavoro ideale, nella nuova amicizia che stavolta non ci deluderà, nel corso di pilates ( o sostituisci con qualsivoglia disciplina) che m’ han detto sblocca e alleggerisce, poco importa se non mi ci sento portato, nella dieta che ci toglierà finalmente il peso di un peccato. Il peccato di abitare quella forma e non un’altra.
La casa è un posto del cuore. Non quello sentimentale, ma il cuore inteso come centro emozionale superiore per usare il linguaggio della Quarta Via di G. Gurdjeff.
Aprire questo centro è in assoluto il più grande lavoro alchemico possibile.
COME APPLICARE TUTTO QUESTO AI TEMPI DEL CORONA-VIRUS?
Aprire il cuore significa compiere un atto magico e iniziatico che è quello di fidarsi e affidarsi alla magia dell’invisibile che ci abita e mai come adesso ci parla.
In questi giorni lo leggiamo ovunque che andrà tutto bene e francamente io lo trovo bellissimo. Il punto è viverlo realizzando quel passaggio necessario da un sentire puramente mentale e dunque meccanico a quello del cuore.
Qual è il primo passo da fare?
- Prima di tutto accettare senza riserve quello che vuole attraversarci. Quello dell’ accoglienza e del “lasciar arrivare” è il vestito di quell’energia femminile che mai come adesso abbiamo bisogno di integrare ri-conoscendo quell’energia maschile che dentro di noi è avvezza a a combattere e a “raggiungere” nella corsa sfrenata a non si sa bene cosa.
Attenzione: la prima cosa che vogliamo combattere è proprio la paura. Quante volte hai sentito la frase “combattere la paura e conquistare il coraggio”?
E’ stata questa una delle espressioni che ha letteralmente traumatizzato il nostro bambino interiore. Te lo ricordi vero? Tutte le volte che avresti voluto osare qualcosa di nuovo arrivava a paralizzarti, non tanto l’idea della paura quanto quella di doverla combattere per poter raggiungere non si sa bene cosa.
Il fatto è che il seme di quel che sei destinato ad essere esiste già, dentro di te, e per poterti manifestare ti è chiesto solo di permetterti di avere paura. Il Vangelo ci racconta che uno dei più grandi Maestri mai esistiti, il Cristo, ha avuto un sacco di paura. Se l’ è concessa.. Perchè non dovremmo permettercelo noi comuni mortali?
La paura accolta, compresa, attraversata e trascesa è un ponte tra la nostra dimensione umana e Dio .
Tanta parte di spiritualità commerciale ci vende la possibilità, puramente illusoria, di renderci immuni alla paura: teorie e tecniche per non sentire la paura al tal punto da rendere, quella spiritualità da banco del supermercato una sorta di antidoto. L’ennesimo farmaco che ci fa dimenticare la straordinaria capacità di auto-guarirci quando ci concediamo di essere semplicemente.
Perchè niente sarà mai più produttivo di ciò che in quella paura ti ci porta dentro. Senza se e senza ma.
Ed ecco che Ri-tornare a casa è un movimento, una danza che ci chiede di fluire con la vita e per la vita, realizzando che avere pura non è sbagliato come da bambini ci hanno più volte trasmesso.
Non appena mi do questo permesso, un passaggio magico/iniziatico si compie : io inizio ad essere “quello che ha paura”permettendomi di essere vulnerabile.
Quanta bellezza ci può essere nella propria vulnerabilità? Ve lo siete mai chiesti?
L’Anima “non ha mai paura di aver paura e di certo non la giudica sbagliata. Per questa ragione, sa di non dover inseguire il coraggio perchè è la semplice accettazione della paura a portare in dono la fiducia, che è ciò di cui il tuo bambino interiore ha bisogno per esprimere ogni suo talento.
Ecco che tornare a casa diventa possibile quando cambiamo la prospettiva dello sguardo: dalla personalità che combatte contro ogni cosa al Cuore, l’unico realmente capace di cogliere quanta mirabile bellezza ci sia in ogni accadimento.
Io resto a casa può dunque tradursi in quella incredibile esperienza che prepara il terreno a questa domanda:
come posso finalmente iniziare a fabbricare i primi mattoncini della mia più autentica casa? Quella cui sentirò sempre di poter tornare anche quando dovesse starmi stretta quella fisica che al momento mi accoglie?
Non si tratta di capire come “passare il tempo” ma di osare porsi quella domanda che troppe volte temiamo di porci per paura di non essere compresi, legittimati, accettati.
La quarantena sociale di questi tempi incoraggia quella individuale che assomiglia ad uovo di pasqua, (visto che siamo in tempo di quaresima) ricco di sorprese:
- abbiamo l’opportunità di un faccia a faccia forzato e “casalingo” con l’ombra
- come conseguenza diretta possiamo smetterla di temere il giudizio all’infuori di noi e osservarlo all’interno sforzandoci di non dare interpretazioni
- possiamo finire di raccontarci la scusa di non avere tempo ed osare qualcosa di nuovo,” prendendoci il lusso” di fare qualcosa che ci piace
- possiamo sperimentare senza l’ansia o la fretta di sapere se ci piace davvero e in caso contrario ri-partire
- possiamo permetterci il lusso di “sbagliare” e riprovare
Immagina di poter avere ora, finalmente ora, il tempo di parlare al tuo bambino interiore:
- cosa gli piaceva fare? ( ti prego, datti il tempo di ri-cordare, qualunque cosa emerga, non associarla subito ad un potenziale lavoro)
- qual è il suo peso sullo stomaco, quello che rifiuta di ascoltare tanto c’è sempre qualcosa di più importante da “dover fare”?
- se questo tempo di sospensione portasse in dono la possibilità di osservare meglio un aspetto di te, quale sarebbe?
- e una volta illuminato questo aspetto, quale potrebbe essere il primo passo per lavorarci su?
Il potere della gratitudine e il coraggio di alzare il volume del sentire
Ogni crisi viene per rompere gli schemi e liberare lo spazio della sempre soffocata creatività.
Lo diceva chiaro e tondo il mio amatissimo Einstein quando si pronunciava sulla “Crisi”.
La creatività nasce dall’angoscia, come il giorno nasce dalla notte oscura. È nella crisi che nasce l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera sé stesso senza essere superato. Chi attribuisce le proprie sconfitte e i propri errori alla crisi, violenta il proprio talento e mostra maggior interesse per i problemi piuttosto che per le soluzioni. La vera crisi è l’incompetenza. Il più grande difetto delle persone e delle nazioni è la pigrizia nel trovare soluzioni.
Allo stesso modo, in questo tempo così dilatato stiamo assistendo a veri e propri miracoli in azione:
- c’è chi inizia ad avere la nausea dei social network e a messaggini ed emoticon sostituisce videochiamate di gruppo
- alcuni rapporti vivono una straordinaria ri-attribuzione di significato: sperimentando la compassione del cuore ri-pensiamo con nuovi occhi quelli chiusi o per un attimo lasciati in sospeso e ne ri-valutiamo altri, agevolati dall’inevitabile crollo di maschere individuali e di massa che questo contatto privilegiato con l’ombra porta con sè
- nascono e si diffondono iniziative di sostegno gratuito agli altri in ogni forma e modalità
- si avanza un decluttering mentale che risuona con quello fisico degli ambienti: quante cose abbiamo accumulato tanto nella testa quanto nei nostri spazi vitali? Abitudini di pensiero, credenze ormai deleterie, armadi strabordanti di roba che non sentiamo più il nostro abito migliore?
- Non possiamo abbracciarci fisicamente ma possiamo sentirci. E prima ancora che con lo smartphone, sviluppando il sentire del Cuore. Affinando quell’ascolto, possiamo accorgerci di quanto la distanza fisica sia un mero concetto rispetto a quella spirituale.
I tempi sono maturi mai come Qui E Ora.
